A cosa pensate quando qualcuno vi dice ‘Tivoli’? A Villa D’Este e le sue mille fontane, a Villa Adriana con la sua domus imperiale? Probabilmente si! Raramente pensiamo al Parco Villa Gregoriana e la sua bellissima Grande Cascata.
Pensate, questa Villa ospita le cascate più alte d’Italia, seconde solo alle Cascate delle Marmore. Vale la pena conoscerle un po’ più da vicino, non credete? È proprio quello che faremo oggi. Vedremo quando vennero all’esistenza, da cosa sono alimentate e come poterne godere. Buona lettura!
Deve il suo nome al grande salto a strapiombo che fa l’acqua del fiume Aniene: 120 metri di altezza. Ma come nacquero?
Va subito detto che non hanno un’origine naturale ma furono la conseguenza di una complessa impresa ingegneristica idraulica realizzata alla prima metà del 1800.
La zona di Tivoli, i monti Tiburtini, è una zona costituita prevalentemente da travertino, una pietra calcarea non compatta chiamata più comunemente ‘tufo’. È molto porosa e come una spugna assorbe umidità e diventa friabile come cartapesta.
In prossimità della zona urbana poggiava il letto del fiume Aniene che, durante le intense piogge autunnali e invernali, si ingrossava fino al punto di diventare pericoloso. Già alluvioni precedenti avevano evidenziato la sua furia e, attraverso opere di contenimento, si era cercato di arginare i danni, ma con la piena del 1826 fu evidente che esse non erano sufficienti.
Fortunatamente non ci furono vittime, ma le tante abitazioni distrutte e danni ingenti fecero decidere per un progetto molto più ambizioso: deviare il letto del fiume.
Fu il Pontefice allora in carica, Gregorio XVI, che commissionò all’ingegnere Folchi la realizzazione dell’impresa che prevedeva un doppio traforo delle pareti del Monte Catillo nel quale incanalare le acque del fiume.
Lo sbocco del traforo coincise con lo strapiombo a ridosso della Villa Gregoriana creando in questo modo una cascata straordinaria.
I cunicoli gregoriani, lunghi 280 m. e con una larghezza variabile di 10 m. all’imbocco e di 7,20 all’uscita, allontanarono così il fiume e quindi il pericolo da Tivoli.
Su ciò che rimaneva del precedente letto del fiume Aniene, i cittadini di Tivoli chiesero a gran voce un ponte e venne all’esistenza il Ponte Gregoriano che ritroviamo in tanti acquarelli e dipinti e che collega due piazze costruite entrambe durante i lavori del traforo: Piazza Rivarola e Piazza Massimo.
Che il traforo, completato nell’ottobre 1835, sia stata l’opera ingegneristica appropriata, fu evidente durante le abbondanti piogge del febbraio 1836, che provocarono la distruzione di parte della Grotta del Nettuno ma risparmiarono Tivoli.
Il Costruttore, Folchi, ebbe a dire:
“se non erano in attività i conicoli si crede con fondamento che una gran parte della città ed il tempio della Sibilla sarebbe stata ruinata nell’alluvione“.
Dall’inizio dell’escavazione, vennero rinvenuti molti monumenti e lapidi tra cui un sepolcro di origine imperiale. Ora questi resti e lapidi sono ben disposti lunghi i sentieri di questo Parco Villa Gregoriana. (Se si desidera conoscere più da vicino Parco Villa Gregoriana, cliccare qui)
Il Parco si può considerare un particolarissimo esempio di giardino romantico, per la sua conformazione e per la corrispondenza con il gusto dell’estetica del sublime, tanto caro ai romantici.
Dopo la seconda guerra mondiale, il Parco, inclusa la Grande Cascata, venne a far parte delle proprietà del Demanio ma rimase, sino al 2002, in un totale stato di abbandono. In quell’anno tutta la proprietà venne concessa in comodato al Fai (Fondo Ambiente italiano) che lo ha ripulito e gli ha dato di nuovo lustro. Dal 2005 è stato riaperto al pubblico.
Boschi, sentieri, antiche vestigia, grotte naturali, l’Aniene inghiottito nella roccia e una spettacolare cascata è ciò che ora potete gustare durante la vostra gita. Natura, storia, archeologia e artificio si fondono in una mirabile realtà. Per conoscere gli orari di apertura e costi, cliccare qui.
Queste cascate colpirono non poco coloro che andavano a visitare Tivoli già nella prima metà dell’Ottocento. Divennero infatti meta del Gran Tour. Ricchi dell’aristocrazia europea viaggiarono da uno stato all’altro alla ricerca del sapere attraverso l’arte del confronto, facendone una vera missione. Di solito quest’ultima aveva come destinazione l’Italia.
Una delle maggiori opere dipinte, come già si è detto, erano queste magnifiche cascate. Possiamo solo immaginare l’estasi che provavano i giovani aristocratici davanti a tale spettacolo, il fragore dell’acqua, i profumi della vegetazione, i giardini romantici con le sue grotte e i suoi anfratti.
Ne rimaniamo estasiati anche noi!
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